Invito alla lettura
La campagna di Cagliari «io resto a casa» vi sembra choccante? Se solo vi toccasse vedere…
Caro direttore, ho letto ciò che avete scritto della campagna di comunicazione di forte impatto indetta dal sindaco di Cagliari, e del fatto che ha destato reazioni contrarie. Sono ormai stanco di stare a discutere sulla pandemia, e su tutti i correlati. Le ho già scritto una volta, lei sa chi sono e dove lavoro e la ringrazio per aver pubblicato le mie parole rispettando la mia richiesta di non rendermi riconoscibile per non rendere riconoscibili le persone di cui parlo. Provocato da quei cartelloni choc, le offro questo mio ultimo contributo.
Se solo vi toccasse di vedere quello che io e i miei colleghi vediamo da giorni, forse a chi reagisce con tanta veemenza rivendicando il diritto alla passeggiata (magari in gruppo) si strozzerebbe la voce in gola; forse gli si bloccherebbero le dita sulle tastiere; forse si fermerebbe sulla soglia di casa… Lavoro in una casa di riposo, in Lombardia, quasi 200 persone, tutte fragili, tutte oggi malate. Tralascio la descrizione del loro stato clinico, ormai chi legge queste righe e guarda almeno un po’ la tv sa già tutto. Non è facile stare accanto a queste persone in questo periodo, nonostante 23 anni di servizio!
Ciò che forse più mi lascia… – non so trovare una parola per descrivere l’emozione – è ciò che avviene delle salme dei defunti. Normalmente chi muore viene accompagnato da una presenza (un parente o un operatore) fino all’ultimo momento. Poi
viene lavato, vestito con l’abito migliore, se ne cura l’aspetto perché resti, nei familiari che lo vedranno, un ricordo per quanto possibile sereno e positivo (passatemi il termine, sono un po’ stanco). Poi si accolgono i parenti, si accoglie la loro sofferenza, li si accompagna nella camera mortuaria, si è presenti alla chiusura del feretro. Da quando è iniziata la pandemia, tutto questo non esiste più. Capita facilmente che si muoia da soli. Il corpo viene avvolto, così com’è, con tutto ciò che ha addosso, nelle lenzuola. Si applica una federa imbevuta di soluzione alcolica sul volto. Si attende l’arrivo degli operatori delle imprese di onoranze funebri, anch’essi stremati. Questi prendono il fagotto alla meno peggio, e lo mettono in un sacco di plastica grigia, quindi lo chiudono nella bara. per i parenti resterà, forse, nella migliore delle ipotesi, la possibilità di vedere la bara, nemmeno di toccarla. Ho scritto dell’attesa delle onoranze funebri, ci tengo a precisare, che l’ho fatto senza alcun accenno polemico verso chi garantisce questo servizio. Il primo giorno abbiamo atteso 4 ore. La seconda volta i corpi sono stati prelevati , in camera, dopo oltre 12 ore… Non ce la fanno più, neppure loro! Chi pontifica la smetta, la smetta di straparlare e strapolemizzare su ciò che neanche può immaginare. State zitti! E chi può stia a casa!
(Marco, infermiere ignorante)
Fonte: Avvenire.it