Omelia della Messa di saluto di don Andrea

Canegrate, 22 Settembre 2019

 

Inizio con una confidenza: lunedì mi sono confessato e il mio confessore, don Maurizio, mi faceva notare come l’emotività in questi giorni è davvero invadente e quasi travolgente. Un mucchio di novità, soprattutto di incontri e conoscenze in una realtà nuova, grande e impegnativa; insieme i ricordi e il distacco da due comunità amate e che amo. Così è molto quello che affido al Signore ogni giorno ed è proprio necessario farlo per non restare in superficie, per attraversare l’emotività e raggiungere un livello più profondo: quello dei sentimenti e della meditazione.

Anche per questo saluto, per me tanto bello e tanto faticoso, desidero attraversare la forte emotività per consegnare alcune riflessioni che nascono dal sentimento di gratitudine e di gioia per questi anni di relazioni intense e esperienze impensabili.

È importante saper ricordare il passato e esserne consapevoli, con tutto quello che lascia e consegna: è un esercizio che fa bene! Un semplice elenco di ciò che insieme abbiamo vissuto, coi giovani soprattutto, sarebbe lungo ma in qualche modo anche facile da fare per ringraziare di questi anni: basterebbe scorrere l’agenda. Mi sembra però più promettente trasformare questo elenco in riflessioni e meditazione.

 

 

Ho pensato per questo ad alcuni titoli, sette per la precisione, per rileggere il tempo condiviso con voi e rilanciare il cammino di tutti noi.

Ancora prima di questi sette passaggi consegno a voi le mie scuse per quando non ho dato buona testimonianza, per le scelte sbagliate che hanno ferito qualcuno e per i rapporti che non ho curato a dovere.

 

1. La sfida degli inizi

Sette anni fa arrivavo qui con soli tre anni di ministero alle spalle, tre anni vissuti a Solaro e Villaggio Brollo: un giovincello. Il vicario episcopale di allora mi aveva chiamato a sostituire don Andrea e don Antonio con l’incarico di rendere più viva l’unità pastorale. Le nostre due parrocchie, come è normale, venivano da storie diverse, anche in Oratorio.

L’impatto non è stato semplice e per il primo anno pastorale ho incontrato tante difficoltà: la situazione dell’oratorio maschile e della pastorale giovanile richiedeva un approccio diverso da quello a cui ero abituato a Solaro. Ho toccato con mano la fatica e il camminare nella difficoltà, anche nell’incomprensione e nel rifiuto. Ho avuto tanto sostegno nella preghiera, nella paternità di don Gino e nell’intervento concreto di don Mario, nella freschezza dei preadolescenti e degli adolescenti che in quel primo anno si affacciavano come protagonisti dell’Oratorio e che si sono lasciati coinvolgere con entusiasmo e impegno nella proposta educativa, in una misura proprio inaspettata. Dentro l’enorme fatica del primo anno è però brillata Rita, proprio come un astro: si è fatta avanti con un desiderio prezioso, quello della consacrazione religiosa, per me un segno di speranza e di gioia purissima.

2. La forza della comunità giovanile

In questi anni una realtà che ho vissuto come dono speciale è stato quello della comunità giovanile. Alcune esperienze hanno raggruppato tantissimi giovani con una partecipazione corale imprevista e oltre ogni attesa; Cracovia sopra tutte. “Cambiate il divano con un paio di scarpe”: questa frase di Papa Francesco è per noi simbolo di un cammino condiviso e dice come vogliamo continuare a crescere.

Una comunità giovanile che si è buttata a capofitto in Oratorio conquistando spazi e rinnovando le tradizioni con proposte nuove e più adatte: don Bosco gioisce nel guardarvi! Animatori ed Educatori che spendono un sacco di tempo per i più piccoli, che a me hanno donato tanta gioia attraverso la loro passione e la loro intraprendenza. Avanti così!

L’Oratorio è una proposta vincente: non è un parcheggio, ma un tempo che libera le energie più belle e lancia nell’età adulta con un bagaglio importante di fede e umanità.

3. Il prezioso servizio degli adulti

Mamme, papà, pensionati che popolano i nostri Oratori come volontari, spesso dietro le quinte per dar spazio agli adolescenti e ai giovani; ore offerte, capacità messe a disposizione, lavori fatti con passione e attenzione educativa. Ricordiamo anche i volontari già in cielo.

In Oratorio accade l’incontro tra mondo dei giovani e mondo degli adulti molto più di quanto si pensi: in tal senso l’Oratorio è terreno di comunione e promessa per il futuro dell’intera comunità. La sfida della presenza adulta in Oratorio è vinta, e molte volte lo è stata in questi anni, quando i giovani sono e restano protagonisti e per questo guardano con stima chi, più grande di loro, li sostiene e così li conquista al desiderio bello di diventare grandi.

Più volte ho ricevuto la battuta bonaria di qualche adulto che si sentiva messo in secondo piano rispetto ai giovani: ringrazio per la pazienza e il sostegno di tantissimi adulti, alcuni a ogni ora del giorno e della notte per diverse necessità.

4. Le novità come occasione

Ci sono state alcune novità che abbiamo avuto la grazia di vivere come occasioni: penso in modo particolare ai nuovi cammini di catechismo con le famiglie, per me una delle più grandi ricchezze di questi anni a livello personale. Una novità non facile però da proporre e da sviluppare, ma che ha conosciuto la bellezza di vedere papà e mamme ascoltare il Vangelo e confrontarsi su di esso, potendo così prendere per mano con più consapevolezza i figli e accompagnarli verso i Sacramenti.

È stata per me una scuola vera e ho tanto beneficiato nel poter condividere il cammino di alcuni gruppi di sposi e famiglie delle nostre comunità: mettermi alla scuola delle famiglie, imparare qualcosa nella gestione del tempo, nel sapere scegliere le priorità e nel compiere scelte responsabili per sé e per gli altri. Grazie alle famiglie per la loro testimonianza. Grazie per il loro sostegno, sia a chi mi ha aiutato e mi è stato vicino sia a chi con la sua testimonianza e anche eroicità mi ha confermato nella fede.

5. La “terza parrocchia”

La chiamo così. In questi anni ho vissuto anche il servizio nella scuola, nei Licei di Saronno e di Parabiago e pure alle scuole medie di San Giorgio.

Il liceo mi ha sempre permesso di stare al passo con il mondo dei ragazzi nella bella età dell’adolescenza, ragazzi non solo di oratorio, ma di diverse sensibilità ed esperienze; e poi i legami belli e le amicizie con i colleghi. È poi stato un dono particolare condividere il cammino scolastico con alcuni di voi animatori, vi ho così sentito ancor più vicini potendo conoscere altri aspetti di voi e delle vostre amicizie.

A dire il vero c’è un’altra scuola che ho frequentato: l’asilo Gajo. Quanto divertimento, quante boccacce, quanti scherzi. Quanta accoglienza ricevuta, quanta stima dai responsabili e dalle maestre, quanti sorrisi e rincorse da parte dei bambini. Grazie a tutti i bambini! A tutti i bambini dell’asilo e dell’Oratorio!

Che bella la scuola, quante potenzialità, quanti legami, quanta crescita: amiamola!

6. Il Vangelo della sofferenza, un Vangelo superiore

Anche se per me molto difficile da raccontare ora, sarei però manchevole se tralasciassi questo passaggio.

Questa espressione – il Vangelo della sofferenza, un Vangelo superiore – è di Giovanni Paolo II, per me figura decisiva nella scelta vocazionale. Non avevo mai capito davvero cosa intendesse. Questa affermazione si è imposta in alcune situazioni proprio dure e di fronte alla morte di Federica, per me e per tutti noi terribile strettoia nel cammino di questi anni. Ho sentito e sento più vicina quell’affermazione del caro Papa. Una strettoia, una curva violenta e inaspettata, come un’interruzione del cammino. Il ricordo di Federica e il tempo della sofferenza sono chiamati a diventare motivo e motore di un cammino di fede ancora più serio e deciso: ecco perché nella sofferenza scaturisce un Vangelo superiore. Certo ognuno coi tempi che solo Dio sa, ma in tal senso occorre sperare, pregare e incamminarsi.

Il ricordo di Federica è la sua tenera intercessione per il nostro cammino e il ringraziamento per il bene sincero con lei condiviso, del quale io sono davvero grato per l’intensità e la purezza.

 

7. Il cammino promettente

Questo è un augurio, un augurio per il cammino promettente che prosegue; il cammino promettente non tanto perché c’è una comunità giovanile forte, non tanto per il prezioso servizio degli adulti, non tanto per le occasioni nate dalle novità, non tanto perché le cose vanno bene o vanno male… il cammino è promettente perché con te cammina il Signore Gesù, il cammino è promettente perché Lui è garanzia di continuità della nostra fede, il cammino è promettente perché il Signore Gesù guiderà ancora i passi che voi bambini e ragazzi, voi giovani e volontari farete con don Nicola. Già, un pensiero per don Nicola: accoglietelo con gioia e ne sarete contenti!

Per tutto questo dico grazie al Signore Gesù, dico grazie al Signore Gesù per l’intensità e la bellezza di questi anni, dico grazie a Gesù per tutti voi, in particolare per i giovani, gli educatori, gli animatori, i ragazzi delle medie e i bimbi delle elementari, per le catechiste e tutti i volontari dell’Oratorio.

Dico grazie per don Gino e la sua paternità, per come ha scelto di darmi fiducia e affetto, libertà e sostegno; per don Gaetano che in pochi mesi mi ha conquistato e mi ha dato tanto coraggio; per don Massimo e la sua presenza discreta ma capace di indirizzare; per le suore e la loro collaborazione dentro i cammini formativi del catechismo.

Grazie.

 

E state contenti!

Don Andrea