Intervista a suor Rita
Nome e Cognome: Rita Fallea
Nata il: 24 gennaio 1989
Dove hai vissuto? Come era la tua famiglia?
Ho sempre vissuto a Canegrate. Sono la seconda di tre fratelli, in ordine di nascita: Giovanna, io e Marco. Con i miei genitori, papà Antonio e mamma Giuseppina (Meraviglia), abitavamo vicino alla casa della nonna.
Come eri da piccola?
Penso di essere sempre stata una bambina tranquilla, riservata, ma aperta con chi entravo in confidenza. Ero vivace e allegra, ma anche determinata.
Avevo delle amiche, con alcune delle quali ho praticato l’atletica per un po’ di anni. Ci allenavamo e facevamo le gare: dallo sport ho imparato l’impegno, la determinazione e la costanza.
Riuscivo bene nello studio: già dopo le medie desideravo prendermi cura dei bambini più piccoli, ma nel tempo ho scoperto la passione per l’insegnamento e così dopo le superiori ho frequentato la facoltà di Scienze della Formazione Primaria all’Università Bicocca. Penso che la mia esperienza da bambina alla scuola elementare qui a Canegrate sia stata molto significativa anche per questa scelta.
Mi piace trasmettere ciò che conosco. Fin dalle medie, e poi anche alle superiori, aiutavo qualche amica che magari faceva più fatica: facevamo i compiti e studiavamo insieme. Successivamente ho dato ripetizioni a chi mi chiedeva.
Quando hai sentito di voler dedicare tutta la tua vita a Gesù?
Ero già all’università. Era un periodo caratterizzato da tante domande, su quale direzione stava prendo la mia vita e su cosa mi rendeva veramente felice.
Non frequentavo molto la parrocchia e non sono mai stata animatrice all’oratorio: ci sono andata da bambina, ma poi crescendo non ho più partecipato. Il cammino della catechesi si era interrotto dopo la cresima.
Poi, negli anni dell’università sentivo c’era sempre qualcosa che mi mancava per essere veramente felice, qualcosa che dovevo cercare. È stato un po’ per caso, o per provvidenza, che mi sono riavvicinata alla Chiesa. A una carissima amica era mancato il nonno e sono andata al funerale. Mentre ero lì ho pensato al coretto dei ragazzi della parrocchia e che forse, un po’ per distrarmi, vi avrei potuto partecipare.
Ho chiesto informazioni a Davide Vignati: lo conoscevo per l’atletica e sapevo che suonava la chitarra in chiesa. Sono andata a fare le prove del coretto: è bastato così poco e ho ripreso a frequentare con costanza la Messa e poi l’oratorio. Con grande semplicità mi sono accorta che quello che mancava nella mia vita era proprio la presenza del Signore: egli solo dava il senso a tutte le cose e donava la gioia di viverle.
Ho condiviso questo pensiero con Davide, il quale mi ha invitato a parlare con don Andrea, che era appena arrivato a Canegrate. Dopo averci pensato a lungo, sono andata a parlare con lui e abbiamo iniziato a confrontarci circa una volta al mese su ciò che sentivo vero e importante per me. Mi ha aiutato a crescere nella preghiera, invitandomi a leggere il Vangelo e a meditarlo.
Ho cominciato a frequentare il gruppo dei giovani della parrocchia e poi ho partecipato ad un ritiro dell’Azione Cattolica. Sentivo il forte desiderio di consegnare la mia vita nelle mani del Signore: lui me l’aveva donata e ora me l’aveva ridonata.
Desideravo fosse completamente sua. Concretamente, però, non sapevo come fare.
A un certo punto ho condiviso questo con don Andrea. Egli mi ha aiutata a riflettere sulle diverse forme di vita consacrata: dalla vita monastica fino alla consacrazione nel mondo. Inizialmente ho pensato alla vita monastica, perché sentivo che la risposta doveva essere molto radicale.
Per capire se fosse questa la mia chiamata, ho vissuto incontrato le monache benedettine presso l’Isola di San Giulio, ma mi sono accorta che la dimensione di contatto umano era un aspetto che mi affascinava molto, così come l’aspetto educativo e relazionale.
Nel frattempo mi ero laureata. Ho iniziato a lavorare all’Asilo Gajo a Canegrate e ho seguito il percorso che la diocesi di Milano propone: il Gruppo Samuele. Si tratta di un percorso di discernimento vocazionale, volto a compiere una scelta di vita.
Don Andrea mi ha proposto anche di incontrare una suora salesiana, dicendomi che avevano un carisma educativo: mi sono subito sentita interessata alla proposta. Così insieme siamo andati a Milano, dove c’è una casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice, salesiane appunto, e mi ha presentata.
Dopo poco ho vissuto una settimana di vita comune con altre ragazze, e poi, visto che avevo chiesto di poter fare un tempo più prolungato, ho trascorso ancora un mese con le suore. È stato per me un tempo di svolta decisivo. Mi sono accorta che l’educazione dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, che inizialmente consideravo un lavoro, stava diventando un servizio da vivere con Gesù, una missione che mi veniva affidata, consegnata. È cambiato dentro di me il mio sguardo: ho iniziato a scoprire sempre più nei bambini la presenza stessa del Signore e ad averne cura.
Quindi, nel mese di settembre 2014, ho chiesto di iniziare il percorso formativo tra le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Si inizia con un primo anno, che noi chiamiamo aspirantato.
L’aspirantato
Il primo anno è un anno di discernimento che si fa vivendo in una comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Io ero a Milano, in via Bonvesin de la Riva che si trova vicino alla parrocchia Santa Maria del Suffragio. Lì ho partecipato alla vita comunitaria, cominciando a conoscere il carisma salesiano, conoscendo don Bosco e madre Mazzarello. Inoltre mi avevano assegnato alcune attività all’interno della scuola (assistenza, doposcuola, sostegno ai bambini in difficoltà…).
Il postulato
L’anno successivo mi sono trasferita a Torino con altre 10 ragazze provenienti da altre regioni d’Italia e una giovane della Bielorussia. Il postulano è un anno di studio (presso l’Università Pontificia Salesiana Crocetta) e di apostolato (catechesi, oratorio, attività con le ragazze universitarie…), in cui si intensifica la preghiera e la conoscenza dei fondatori attraverso il contatto con i luoghi in cui sono vissuti e le fonti che hanno lasciato.
Il noviziato
L’anno successivo, il 7 agosto 2016, ho iniziato il noviziato a Castel Gandolfo.
Durante questo periodo, che dura normalmente due anni, le novizie si applicano allo studio delle Costituzioni, cioè la “regola” della congregazione, approfondiscono le esigenze della vita consacrata nel carisma salesiano attraverso lo studio, la preghiera e la vita comune. Anche l’attività apostolica aiuta nel discernimento. In questi anni sono andata in un centro salesiano per attività di doposcuola con i ragazzi delle medie; ho seguito la catechesi dei bambini a Castel Gandolfo e l’oratorio in estate a Tor Bella Monaca.
In questo periodo si vive una forte esperienza di vita comunitaria e fraterna, ma non è sempre facile mettere insieme una ventina di persone con tanti caratteri diversi, ognuna con un proprio modo di pensare e di vedere, senza contare le diverse provenienze culturali (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Croazia, Ungheria, Bielorussia, Giordania…). Il noviziato era infatti internazionale. È stata per me un’esperienza molto arricchente, un tempo che apre il cuore.
I primi voti
Il 6 agosto 2018, a Roma, ho professato i primi voti. C’era la mia famiglia, le suore che mi hanno accompagnata e don Andrea. Poche persone. Non si dà, infatti, troppo enfasi ai primi voti. È un modo anche per tutelare la libertà della persona, dal momento che sono temporanei e devono essere rinnovati nei primi sei anni. Se una suora con voti temporanei decide di non rinnovarli, è infatti semplicemente slegata dal vincolo dei voti e torna a fare quanto faceva prima.
La festa più grande, quindi, si fa con i voti perpetui, che sono definitivi e non revocabili. È questo il passo che farò il 15 settembre 2024 a Milano.
Sei pronta per questo nuovo passo?
Sì, sono molto contenta anche di poter condividere questo momento importante con le tante persone incontrate in questi anni e che ricordo con affetto.
Saremo tre suore e tre salesiani. Insieme abbiamo scelto come lettura evangelica Gv 15, in particolare soffermandoci sulle parole
“perché la mia gioia sia in voi”.
Il Signore ha donato a noi la sua gioia, la gioia del Risorto. Noi la sperimentiamo personalmente e desideriamo che si trasmetta a tutti quelli che incontriamo. Il dono della consacrazione per sempre è un dono che io sento per me e per gli altri.
Vorresti aggiungere qualcosa a questa intervista?
Una frase di madre Mazzarello. Si trova in una sua lettera per una novizia in America. Mi è molto cara perché la novizia si chiama proprio Rita, come me.
Madre Mazzarello la incoraggia e le scrive:
“La gioia è il segno di un cuore che ama molto il Signore”.
Io sperimento sempre che l’amore che il Signore ci dona non può che tramutarsi in gioia.
Inoltre, se qualcuno desidera conoscere meglio don Bosco e madre Mazzarello, le nostre case sono sempre aperte e c’è sempre possibilità di venire, di conoscere, di fare esperienza. Io sono a Lodi per il momento: la nostra casa è aperta ad accogliere ciascuno.
Vi aspettiamo!
P.S. In caso volessi fare un dono a suor Rita
È possibile lasciare un’offerta in chiesa oppure effettuare un bonifico: